Secondo detta norma “il datore di lavoro è punibile con la reclusione fino a 3 anni e con la multa fino ad € 1.032,91, ma lo stesso non è punibile se provvede entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione”.
La ratio dell’istituto è quella di garantire al lavoratore il diritto ad una regolare posizione previdenziale, punendo penalmente il datore omettente; tutela che viene garantita dalla costituzione, ex artt. 4 – 35 – 36 – 37 – 38 e seguenti. Ciò evidenzia l’indipendenza del concetto di “retribuzione” da quello di “previdenza” e la necessità di tutela costituzionale di quest’ultima. Per cui se il datore di lavoro omette di versare la retribuzione compie un illecito civile, ossia tale omissione non è penalmente rilevante. Al contrario l’omesso versamento delle trattenute è invece un illecito penale, ossia un reato.
il reato di omesso versamento di ritenute assistenziali e previdenziali è una forma particolare di appropriazione indebita e, di conseguenza, per il suo perfezionamento, è necessaria l’effettiva corresponsione della retribuzione ai dipendenti. La corresponsione delle somme dovute ai dipendenti costituisce presupposto necessario della fattispecie illecita e deve essere dimostrata dalla Pubblica Accusa con documenti, testimoni o gravi, precisi e concordanti indizi.
Il pagamento entro tre mesi dalla notificazione dell’avviso da parte dell’Ente Previdenziale (contenente la contestazione o l’avviso dell’avvenuto accertamento violazione) rendendo operante la causa di non punibilità.
Sul punto la Suprema Corte in numerose pronunce ha chiarito che “in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, ai fini della configurabilità del reato, è necessaria la prova del materiale esborso della retribuzione, stabilendo, altresì che il relativo onere probatorio grava sulla pubblica accusa”.
Inoltre, quando non risulti la prova della notifica da parte dell’INPS secondo l’orientamento della Suprema Corte (cfr. Cassazione penale Sez. Un. – 18.01.2012 n. 1855 – Pres. Lupo – Rel. Lombardi – Ric. S.S.) nei procedimenti per il reato di omesso versamento delle ritenute assistenziali e previdenziali all’I.N.P.S., il Decreto di Citazione a Giudizio è equivalente alla notifica dell’avviso di accertamento solo se, al pari di qualsiasi altro atto processuale indirizzato all’imputato, contiene gli elementi essenziali del predetto avviso. Consegue da quanto rilevato che deve essere ritenuto tempestivo, ai fini del verificarsi della causa di non punibilità, il versamento delle ritenute previdenziali effettuato dall’imputato nel corso del giudizio, allorché risulti che lo stesso non ha ricevuto dall’ente previdenziale la contestazione o la notifica dell’accertamento delle violazioni o non sia stato raggiunto nel corso del procedimento penale da un atto che contenga gli elementi essenziali dell’avviso di circa l’elemento psicologico, va detto che, esaurendosi esso con la coscienza e volontà della omissione o della tardività del versamento delle ritenute, è richiesto non il dolo specifico, bensì il dolo generico, che, nel caso concreto, può essere desumibile anche dalla circostanza che l’imputato nulla ha addotto in merito al contestato suo inadempimento.
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